Agcom, tablet e diritto d'autore


L'Autorità Italiana per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) ha proposto una bozza di regolamento sulla tutela del copyright in rete.
Il diritto d'autore è la causa nobile dietro cui si nasconde l'interesse di importanti gruppi editoriali, che  hanno tutto il diritto di tutelarsi, ma sarebbe giusto che l'Agcom parlasse di "diritto d'editore" oppure di "diritto d'autore già venduto ad editore". La bozza dell'Agcom non è  il frutto di un interesse per il diritto d'autore, ma la risposta ai problemi dei grandi gruppi editoriali messi in crisi dai tablet.
Ebbene si, un progresso tecnologico, consentendo una facile lettura su un dispositivo mobile, mette in difficoltà gli editori. Prima la pirateria dei libri digitali era un fatto marginale (nessuno leggeva un romanzo sullo schermo di un computer da tavolo) adesso è diventato rilevante e si somma alla pirateria di film, musica e videogiochi. E allora si ricorre al trucco del diritto d'autore.
Agli autori della proposta Agcom, che consiste nella messa offline di siti che diffondo contenuti piratati, non gliene potrebbe "fregar de meno". Nessun autore ricorrerà mai all'Agcom per denunciare un sito che diffonde una sua opera piratata, ma possiamo immaginare che le grandi case editrici e le case di distribuzione cinematografica e musicale possono rapidamente mettere su un ufficio dedicato a questo. A totale carico dei contribuenti italiani, che pagano gli stipendi Agcom, i grandi gruppi editoriali potranno tutelare i loro interessi con facilità.
Gli autori italiani, di libri musica ed audiovisivi, invece avrebbero bisogno di altro:

1) Un regime fiscale semplificato per gli autori con profitti minimi, che renda meno stressante  (per i possibili sbagli) la dichiarazione dei redditi. La maggior parte degli autori ha proventi così ridotti da rendere quasi superflua la dichiarazione al fisco.

2) Riforma dei contratti editoriali con minimi garantiti ed efficaci sanzioni contro quelli iniqui (in pratica la stragrande maggioranza dei contratti editoriali attuali).

3) Costituzione di un fondo nazionale di tutela delle opere intellettuali che assista gli autori vittime di plagio anche all'estero.

4) Riforma della SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori), che ridà agli autori solo una minima parte di quanto rastrella dal mercato ed ha costi elevatissimi (151,81 euro all'anno, praticamente una tassa). La ripartizione degli utili è poi a vantaggio dei grossi nomi.

5) Riconoscimento del diritto alla cittadinanza culturale. Con  questo intendo che, al di fuori della salvaguardia a pagamento per le opere recenti, i vecchi film, i vecchi romanzi e le vecchie canzoni devono essere disponibili per tutti.

Una legge che tuteli veramente il diritto d'autore è una priorità per l'Italia perché la creatività è la vera ricchezza, l'investimento strategico sul futuro. Un paese in grado di attirare autori sarebbe un paese ricco.

Cefalù Settembre  2013
Marco Bonafede
proprietà letteraria riservata

3 commenti:

  1. Ottima proposta, molto intelligente e utile

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  2. Sono d'accordo, soprattutto sui contratti con un minimo garantito. E' interessante notare che la legge attuale non consente all'autore di vendere la paternità nominale dell'opera, ma solo i suoi benefici finanziari. Cioé se Disney pubblica una mia storia io avrò sempre il diritto (dovere) di vederla attribuita a me, ma non avrò il diritto di chiedere altro, tantomeno dei dollari sonanti. Eppure bastava così poco. Bastava dire che l'autore può vendere tutti i diritti economici, meno un 3% del prezzo di copertina, per esempio, che deve sempre e comunque restare suo. Ma evidentemente degli autori, della creatività, del lavoro, della giustizia e del buon senso, ai nostri governi (tutti, da sempre) non è mai fregato nulla. E' poi evidente che non gliene frega nulla neanche adesso.

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