SIAE, la tassa sulla creatività

Verso la fine di giugno ho aperto la cassetta della posta ed ho trovato due lettere, una di Amazon ed una della SIAE. La lettera di Amazon conteneva un assegno di 100,14 dollari per diritti d'autore all'estero, quella della SIAE una richiesta-ingiunzione di pagamento di 303,81 euro.
Ecco le lettere, ho solo cancellato il mio indirizzo.




L'anno scorso ho pagato una quota associativa di 151, 81 Euro. Che amministrazione è quella che non sa neanche quali iscritti hanno pagato?
Con quale leggerezza vengono amministrati i soldi degli associati? Perché dovrei svolgere io il lavoro amministrativo della SIAE? Non bastano 1250 dipendenti e dirigenti SIAE? Oltretutto questi dipendenti e dirigenti ricevono una “indennità di penna” mensile (dai 50 ai 150 euro mensili circa) per risarcirli del fatto che hanno dovuto imparare ad usare i computer, ma evidentemente non gli basta per sapere da un database se io l'anno scorso ho pagato la mia quota di iscrizione. No, devo mandargli io un fax o una mail.
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Mi sono iscritto alla SIAE per potere usufruire di una tutela economica rispetto a dei testi di canzoni. Queste canzoni hanno avuto come unico sbocco YouTube e non hanno avuto successo. Non ho ricevuto neanche un centesimo dalla SIAE. Non ho nulla da recriminare, è normale che raramente una canzone abbia successo. Ma è equo che, a fronte di reddito zero, io debba pagare cifre simili?
Di una delle canzoni che ho scritto ha composto le musiche un mio amico che si è iscritto alla SIAE non come associazione ma come semplice mandato e paga solo 61 euro. Ho telefonato alla SIAE ed ho chiesto perché io, che non percepisco nulla come diritti, non sia stato informato della possibilità di passare dall'iscrizione in associazione a quella in mandato. Mi è stato risposto che questa opportunità c’è da un paio di anni ma la SIAE non è tenuta a contattare nessuno, ma come tutte le istituzioni pubbliche è tenuta solo a pubblicare sul suo sito istituzionale le novità.
Questa risposta dovrebbe bastare a tapparmi la bocca se non fosse per un particolare: siamo nel 2014.
Cosa succede nel 2014?
Ho ricercato su internet un'agenzia di brevetti e da allora, per qualche settimana, non appena aprivo la mia mail sul computer da dove avevo fatto la ricerca, mi appariva il link di un'agenzia di brevetti. Ho guardato il link di un libro su Amazon e mi arrivano continuamente le pubblicità di quel libro e libri simili, per non parlare di quanti link sui tablet mi sono arrivati dopo che ho fatto una ricerca sudi essi. Dopo che mi sono azzardato a consultare un sito di prestiti ho ricevuto una valanga di mail con proposte di prestiti. La pubblicità non è più un manifesto incollato al muro per essere guardato da chi passa, la pubblicità è personalizzata, è un cane che ti fiuta e ti segue sino a casa. Se qualcosa sembra interessarmi (per quello che ho cercato su internet) me la propongono.
Lo stesso non vale per la SIAE. Non si sono preoccupati di mandare a tutti i loro iscritti che percepiscono poco o niente una lettera con su scritto: "Se le interessa può avere un rapporto di mandato e risparmiare". No, a loro basta pubblicare sul sito ufficiale, che tutti gli iscritti possono consultare. Vero, ma questa non è trasparenza, è ipocrisia. Tutti abbiamo di meglio da fare che andare sul sito istituzionale della SIAE, la SIAE aveva il dovere di avvertire, anche perché la tecnologia lo consente con pochissima spesa. Invece la SIAE ha scelto di non avvertire: non importa che io paghi, con 2 canzoni, la stessa quota di iscrizione di Mogol!

Vale la pena pagare l’iscrizione alla SIAE?

Una piccola ricerca su internet permette di comparare facilmente l'efficienza della SIAE con quella di enti analoghi, la PRS inglese e la SACEM francese.


I costi medi di iscrizione alla PRS e la Sacem sono circa la metà di quelli pretesi dalla SIAE, per un servizio da 2 a 3 volte più efficiente. I tempi per la ripartizione degli utili agli iscritti della PRS e della SACEM sono molto inferiori a quelli italiani. Addirittura i conti economici della SIAE sono in miglioramento per gli interessai bancari sui milioni di euro che la SIAE mantiene in depositi bancari in attesa di ripartirli ai propri associati: 40 milioni di euro di interessi bancari nel 2012, un SUPER-BONUS sull'inefficienza del sistema.
Un tale sistema, incapace di ripartire gli utili, inadeguato nel trattamento dei propri dati, è capace solo di tartassare i propri iscritti di cui il 60% percepisce meno della quota di iscrizione (per ammissione, alcuni anni fa, di un ex presidente della SIAE). I costi per gli iscritti alla SIAE sono molto superiori a quelli degli iscritti francesi e inglesi alle analoghe società (vedi Quattro domande alla “nuova” SIAE di Guido Scorza)
http://scorza.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/01/27/quattro-domande -alla-%E2%80%9Cnuova%E2%80%9D-siae/
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Voglio porre un problema politico al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Franceschini. Sull'Imu sulla prima casa si è scatenata tutta la demagogia della classe politica e il dibattito è stato per anni incentrato sulle cifre di questa abolizione, che alla fin dei conti sono di circa 100 euro ad abitazione.
Le furbizie della SIAE a danno dei propri iscritti hanno un valore economico simile, perché nessuno ne parla e non sono oggetto della minima attenzione "riformatrice"?
Perché la SIAE può tartassare me ed altri 100.000 iscritti impunemente? Perché viene riconosciuto alla SIAE un introito di oltre 190 milioni (la cifra più alta di tutte quelle raccolte in Europa) a carico di tutti gli acquirenti di strumenti elettronici?
A scanso di equivoci, io non sono un aderente e neppure un elettore del Movimento 5 Stelle, ma sono un iscritto al Partito Democratico dalla sua fondazione. Ma ritengo che "l'equo compenso per copia privata" sia una mistificazione giuridica. Si finge di ignorare che il danno per il diritto d’autore è la pirateria su internet e si fa finta di credere che chi compra un DVD ne faccia una copia.
Si immagina un fenomeno che non esiste, milioni di consumatori ossessivo compulsivi intenti a copiare i DVD che hanno acquistato, e si utilizza questa assurdità per trovare fondi per il diritto d’autore danneggiato dalla pirateria. Esagero? No, provate a commissionare uno studio scientifico indipendente su quanti realmente fanno una copia legale dei propri DVD! E’ un comportamento che semplicemente non esiste!
(Oddio, che ho detto?! Che il re è nudo!)
Non si capisce poi perché "l'equo compenso per copia privata" non si applichi alle fotocopiatrici e alla carta. Anche chi compra un libro potrebbe fotocopiarlo! A livello di semplice individuo, la legislazione sulla copia privata sarebbe l’equivalente di una grave patologia psichiatria con negazione dei dati di realtà.
In questo gioco di finzioni “Faccio finta di farti pagare la tua copia legale perché sono assolutamente impotente a farti pagare quello che scarichi illegalmente”, quello che ne esce a pezzi è l’idea di uno stato moderno e di una legislazione ragionevole. Credo che ci siano tutti gli elementi per una class action dai consumatori contro lo Stato Italiano.
"L'equo compenso per copia privata" è la dimostrazione palese dell’inadeguatezza dei politici ad affrontare le sfide culturali e tecnologiche, un vero monumento all’impotenza della politica.
"L'equo compenso per copia privata" serve a lasciare in pace chi vende l’accesso alla rete (Telecom, Fastweb, Infostrada ecc.) e colpisce chi fornisce il supporto informatico di deposito dei dati. Di due azioni contemporanee che costituiscono la pirateria digitale (scaricare un file da internet e conservarlo su una memoria) se ne colpisce una sola, favorendo alcuni soggetti economici a discapito dei produttori di memorie e dei consumatori.
Se accettiamo il principio di una valutazione arbitraria dei comportamenti dei consumatori, allora abbiamo una maniera semplice per abolire la SIAE e sostituirla con "l'equo compenso per amplificazione" tassando la vendita ed il possesso di strumenti di amplificazione. Sarebbe un sistema di reperimento fondi semplice, efficiente e economico.
E' paradossale che un paese che perde le sue infrastrutture produttive e le aziende di maggior prestigio (Alitalia, telefonia, siderurgia, moda, manifatture, ecc.) si incaponisca a conservare i 1250 dipendenti e dirigenti SIAE e i mandatari (che percepiscono il 10% di quanto incassato).
La SIAE è una zavorra parassitaria a carico di quelli che teoricamente dovrebbe salvaguardare, gli autori. La SIAE è un ente inutile, anzi dannoso, con costi proibitivi per i propri iscritti tali da rappresentare un vera e propria tassa sulla creatività.
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E qui entra in scena Amazon, che secondo me sarebbe in grado subito di tutelare i diritti degli autori, se non nelle feste di paese, almeno nei mezzi di comunicazione di massa. Amazon si sta già occupando in USA di creare un sito di intermediazione di prestazioni lavorative, per consentire di trovare in zona dall’avvocato alla baby sitter: mi sembra ovvio prevedere che in futuro si occuperà di diritti di autore.
Io pubblico su Amazon con la formula Kindle Direct Publishing, cioè da autore indipendente. Amazon è un'azienda che fa bene il proprio mestiere. Gli autori indipendenti come me sono almeno un paio di milioni a livello mondiale e sono un potentissimo mezzo di reclutamento di nuovi clienti per Amazon (siamo interessati a vendere i nostri ebooks, anche se ci riusciamo in pochissime copie).
Amazon ci accorda dal 35% al 70% degli utili e non credo ci guadagni tantissimo se non come mezzo di espansione del mercato, il che però ha un valore strategico enorme. 
Le grandi aziende di Internet (Google, Amazon,ecc.) rifugiandosi in Stati Canaglia (dal punto di vista fiscale) come Irlanda, Lussemburgo ed Olanda, pagano tasse irrisorie (1%?) rispetto al loro volume d'affari, mentre io pago di tassazione il 40% circa sulle poche centinaia di euro che percepisco.
Amazon, Apple, Facebook, Google, Ebay hanno ormai una dimensione politica: sono la “Trade Federation” di Star Wars, la Federazione dei Mercanti della saga di Fantascienza Guerre Stellari, sono il futuro arrivato prima del previsto.


Oggi esistono tutti gli strumenti tecnici per cui le grandi multinazionali sarebbero benissimo in grado di svolgere le funzioni della SIAE a un decimo dei costi della SIAE ed è facile prevedere che lo faranno. Penso che tra breve vi saranno app dedicate alla tutela e alla riscossione del diritto d'autore. A questo punto non penso che mi convenga essere rappresentato dalla SIAE e come autore voglio la possibilità di poter affidare la tutela dei miei diritti a imprese private.
Una politica riformista deve immaginare e precorrere il futuro e non riparare carrozzoni del passato.
Per conto mio posso fare solo un atto di protesta civile: non voglio più essere rappresentato dalla SIAE e non pagherò la quota di iscrizione alla SIAE per quest'anno.
Io penso che la mancata adeguata informazione di condizioni più convenienti per me da parte della SIAE mi dia ragioni sufficienti per rifiutare il pagamento.

Cefalù, Agosto 2014
Marco Bonafede
(proprietà letteraria riservata)

PS: Ho mandato una copia stampata di questo articolo al Presidente della SIAE Gino Paoli, al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, al Vicepresidente della Commissione VII Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione) della Camera on. Manuela Ghizzoni.


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